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Stasera 'Serata karaoke', ~ Romantico

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Lyra‚
view post Posted on 14/1/2014, 11:44 by: Lyra‚




Lo staff




La mattina dopo erano quasi le dieci quando la Eby si svegliò. Io e la Stefy eravamo già in costume e con le borse pronte e avevamo anche fatto colazione quando la Eby decise che era ora di alzarsi. Dopo i suoi interminabili preparativi, alle undici e mezza eravamo in macchina e la Eby stava guidando. Mi sentivo strana.
Ero in macchina con due ragazze che per me erano quasi delle sconosciute, eppure mi sentivo stranamente euforica. Pensai a quanto ero diventata grande: avevo già diciotto anni e stavo andando a fare una gita con le mie colleghe di lavoro!
Quando ne avevo sedici ed ero andata in campeggio per la prima volta non avrei mai immaginato che un giorno sarebbe arrivato un momento come quello.
La giornata a Porto S. Stefano fu una delle più divertenti della mia estate, almeno fino a quel momento: Stefania ed Eby mi trattarono come una vecchia amica e mi raccontarono la loro vita al di fuori di quei tre mesi.
La Stefy era di Roma e insegnava tutto l’anno fitness ed aerobica a giovani e adulti, adorava giocare a tennis e andare al mare, aveva compiuto ventiquattro anni il cinque di marzo e aveva un diploma in scienze della comunicazione. La Eby invece aveva compiuto ventitré anni il ventidue di gennaio e aveva finito da un anno il corso in veterinaria. Per mantenersi durante l’anno lavorava come commessa in un negozio di articoli da regalo, anche se il suo sogno era quello di viaggiare e al suo ritorno di fare la veterinaria.
Nessuna delle due aveva accennato a fidanzati o meno, ma io non ero il tipo che si faceva gli affari degli altri, così non chiesi niente a nessuno.
Anche io le misi al corrente della mia vita: avevo compiuto diciotto anni il ventuno aprile, mi mancava un anno per finire il classico e poi forse mi sarei scritta a chimica, o forse alla facoltà di inglese. Avrei tanto voluto diventare chimico oppure Carabiniere dei RIS.
Alle sei e mezza ritornammo al campeggio, allegre e riposate.
Dopo una bella doccia mi sedetti davanti alla casetta degli animatori con il mio manga preferito a fare asciugare un po’ i capelli mentre aspettavamo che tornassero gli altri.
Per primo tornò Fabio, che era andato in bici al parco della maremma, poi tornarono Stefano e Arturo, mentre Lele ancora non si vedeva.
Eravamo tutti e quattro nel minuscolo soggiorno e Fabio era su tutte le furie.
- Dov’è quello scansafatiche di Lele? - Chiese irritato.
- Noi non l’abbiamo visto. - Dissero Stefano e Arturo, che stavano mangiando un panino ancora con gli zaini in spalla.
- Nemmeno noi e siamo arrivate da un sacco di tempo! - Esclamò Eby.
- In questo campeggio la puntualità è un optional! Diciamo alle sette e un quarto e alle sette e un quarto bisogna essere qui! - Gridò Fabio.
In quel momento dalla porta della camera dei ragazzi sbucò Lele.
- Che succede? -
Aveva la faccia assonnata, i capelli spettinati e su una guancia si vedevano le pieghe del cuscino. Scoppiammo tutti a ridere, persino Fabio.
- Poltrone, sei stato tutto il giorno in bungalow a dormire! - Esclamò la Stefy.
- Ognuno si diverte come vuole! - Replicò Lele.
- Ok, adesso che ci siamo tutti possiamo andare a mangiare. - Disse Fabio.
Ci riunimmo a cena e poi preparammo l’animazione.
Alle nove e un quarto Arturo doveva iniziare la serata karaoke con la sua canzone.
Mi sistemai dietro la consolle degli animatori a gustarmi la sua performance.
Era più bello di come me lo ricordassi: i suoi folti capelli castano scuro erano mossi e lucenti e gli scivolavano ai lati del viso ovale che sembrava quello di un attore del cinema. I suoi grandi occhi color cioccolata avevano quell’espressione dolcissima e semplice che mi aveva fatto innamorare l’anno prima. Era un po’ più alto dell’anno precedente, ma la magliettina rossa gli scivolava sulla schiena con la stessa delicatezza, mettendo in risalto le sue spalle asciutte. Per un anno intero avevo sognato di abbracciarlo, ma ancora non ce n’era stata l’occasione. Mentre mi perdevo, come al solito, nelle mie fantasie, Arturo scese dal palco e mi si avvicinò.
- Allora, come ti sono sembrato? - Chiese.
- Niente male. - Risposi io - Ma credo che tu sia un po’ sprecato a cantare solo quella. Anche l’anno scorso hai cantato i Watussi, perché non cambi un po’? -
- Sai che hai ragione? Ci penserò, magari la prossima volta cambio canzone. In effetti mi sono stufato anche io. Aspetta però, tu l’hai sentita anche l’anno scorso, eh? Ma certo, adesso mi ricordo! Sei quella ragazza che mi ha aiutato alla serata dello sport, giusto! Ecco dove avevo visto la tua faccia! -
- Già, sono proprio io. - Dissi cercando di sembrare tranquilla.
- Beh, si vedeva che avevi la stoffa dell’animatrice. - Disse lui.
Lele mi passò di fianco e mi disse:
- Andiamo a fare la nostra bella figura, Rack. -
Feci un cenno di saluto ad Arturo mentre mi avvicinavo al palco.
Salii un po’ titubante e presi il microfono. Mentre Stefano preparava la traccia mi guardai intorno un po’ nervosa. La Eby e la Stefy stavano cercando altra gente per cantare, Fabio stava parlando con un tipo, mentre Arturo guardava proprio dalla mia parte. Ricambiò il mio sguardo e sollevò un pollice in segno di vittoria.
Sorrisi e presi un gran respiro: la canzone stava per cominciare.
Mi impegnai come avevo fatto poche volte, consapevole della parte importante che avevo. Ero tanto concentrata che non sentivo nemmeno la gente sotto il palco.
Quando la canzone finì, Fabio prese la parola e disse:
- Si può anche applaudire, abbiamo trovato un’artista in erba! -
- Non posso credere di essere io, vero? - Disse Lele.
- Infatti no, non dovresti nemmeno fartele queste domande! Un bell’applauso alla nostra Rachele! -
Gli applausi non finivano mai, evidentemente eravamo stati davvero bravi e io e Lele scendemmo ridendo dal palco.
Mentre cantavano altri ospiti del campeggio, Stefania e Step vennero a farmi i complimenti. Inutile cercare di difendersi, sembrava proprio che avevano trovato la nuova Giorgia.
- Vi dico che non sono così brava di solito! È stata una coincidenza! - Dissi.
- Lasciamola in pace, poveretta, va a finire che per lo spavento che le stiamo facendo prendere non canta davvero più! - Esclamò Lele venendo in mio soccorso.
La serata si concluse con la sigla dell’anno e poi ce ne andammo tutti a letto.
Nonostante tutto quello che avevo detto a Step e alla Stefy, io sapevo benissimo che ero stata così brava perché non avevo voluto deludere Arturo. Questo, però, non avrebbe dovuto saperlo nessuno.
I giorni passarono e in campeggio mi sentivo a casa ogni giorno di più.
Era passata una settimana ormai da quando ero arrivata, ei miei genitori erano venuti a trovarmi con mia sorella per il week-end.
Arturo, che stava facendo con me il programma del baby show, appena capì che quelli erano i miei genitori, si dimostrò così gentile che quasi mi commosse, salutando perfino Giulia con tutta la cortesia del mondo.
Quella sera mi lasciò cenare con i miei, facendo la baby dance da solo, anche se Fabio non era del tutto d’accordo. La settimana successiva fare le solite cose era piuttosto imbarazzante, dato che sapevo i miei genitori nei paraggi. Nonostante quello, la serata baby show fu un successo: non solo perché io e Arturo eravamo due organizzatori eccezionali, ma perché con l’aiuto di Lele e Stefania lo spettacolo, da già bello, divenne assolutamente fantastico. Avevamo organizzato due serate balli di gruppo, una sfida figli contro genitori, due gare maschi contro femmine e due serate cabaret e quasi sempre al centro delle scenette c’eravamo io e Step.
Con Stefano, chiamato Step da tutti per il suo fisico atletico (e anche perché tutte le ragazzine del campeggio sospiravano per lui), andavo abbastanza d’accordo. Era simpatico e spiritoso, aveva sempre la battuta pronta e non riusciva a stare serio nemmeno quando doveva esserlo.
Andare a buttare la spazzatura o riordinare il soggiorno erano compiti troppo alti per lui che faceva essenzialmente ‘lavorare il cervello’, ma quando gli si chiedeva di preparare delle domande per i giochi diceva di essere più portato per i lavori manuali. Lui e Arturo erano come fratelli e anche io stavo imparando a volergli bene.
 
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